Resoconto Convegno di Grinzane 29 Settembre 2023

CONVEGNO UGIVI GRINZANE CAVOUR 23 SETTEMBRE 2023

Grazie alla lungimiranza ed alla determinazione del Presidente dell’Unione dei Giuristi della Vite e del Vino Avv. Diego Saluzzo, il 23 settembre 2023 ha visto la luce il Convegno sul Vermouth di Torino, organizzato da UGIVI in unione sinergica di forze con Consorzio di Tutela del Vermouth di Torino, OICCE, Accademia di Agricoltura di Torino, con la partecipazione di Assoenologi, Ordine dei Dottori Agronomi e Forestali di Piemonte e Valle d’Aosta, UIA ed il contributo di Banca d’Alba. Media partner Vinophila, con il Dott. Lorenzo Biscontin, grazie a cui è possibile “vivere” il convegno anche nelle sale del Metaverso.
Dopo i rituali saluti del Presidente dell’Enoteca Regionale Piemontese Cavour, la cui sede è il maestoso ed accogliente castello di Grinzane Cavour che – per gentile concessione accoglie anche la Delegazione piemontese di UGIVI – si sono susseguiti i saluti dei rispettivi rappresentanti del Consorzio del Vermouth di Torino, del Consorzio del Barolo, Barbaresco, Alba, Langhe, Dogliani, dell’Ente Turismo Langhe, Monferrato, Roero, dell’Accademia di Agricoltura di Torino.
Il Presidente di UGIVI ha ringraziato, a nome dell’Associazione, tutti i partner del Convegno, gli organizzatori ed i partecipanti che sono giunti da ogni parte d’Italia ed ha introdotto il tema ed il ricco parterre di relatori ed ospiti.
Il prof. Vincenzo Gerbi Presidente OICCE ha ricordato come, tanto nel Vermouth di Torino, quanto nel Barolo chinato, l’ingrediente principale sia il vino e come attraverso una sapiente e bilanciata aromatizzazione dello stesso – frutto di attenta e precisa applicazione della scienza botanica e chimica – si possa dar vita a bevande che lasciano spazio alla fantasia e, nella loro trasversalità, potranno riuscire ad intercettare l’interesse dei consumatori più giovani, rispetto ai tradizionali consumatori di vino.
La prof.ssa Giusi Mainardi esperta di Storia del Vino dell’Università di Torino – Accademia di Agricoltura Torino, ha proposto un excursus storico, evidenziando come il Vermouth abbia radici molto antiche nei celebri vini aromatizzati all’assenzio di Greci e Romani, affermandosi poi come eccellenza piemontese a partire dal 1700, nelle botteghe dei rinomati liquoristi e confettieri torinesi che, in virtù dei rapporti fra la corte torinese e viennese, mantennero il nome di “vermut”, il nome tedesco dell’assenzio, la pianta protagonista delle loro originali formulazioni. Dal 1800 il Vermouth si caratterizzò come importante produzione industriale generando una florida economia, affermandosi come re dell’aperitivo e conquistando il mondo, grazie anche al grande miglioramento dei trasporti segnato in primis dall’apertura della linea ferroviaria Torino-Asti-Genova, nel 1854.
Il Dottor Pierstefano Berta del Consorzio del Vermouth di Torino – Accademia di Agricoltura di Torino ed UGIVI ha rivelato in che quantità il Vermouth di Torino gira il mondo: si parla di cinque milioni di bottiglie all’anno, con una crescita del 17% nell’ultimo anno. Precisa che il Vermouth di Torino gode della tutela IGP – il che fa la differenza rispetto ad altri vini aromatizzati – in quanto tutta la filiera è controllata dall’inizio alla fine, a garanzia e tutela non solo del consumatore, ma anche del produttore; quest’ultimo anche sotto l’aspetto di un reddito garantito. Ciò può accadere perché il Consorzio rappresenta il 95% della produzione.
Intervento di carattere squisitamente tecnico quello del Funzionario delle Agenzia delle Dogane e dei Monopoli Piero Porcu che ha illustrato la non facile nascita del piano di controllo del Vermouth di Torino a causa della difficile tassonomizzazione dello stesso; il Vermouth, nella sua natura di vino aromatizzato non rientra, infatti, né nella categoria di vino, né in quella di bevanda spiritosa. Stesso problema per la certificazione.
L’idea di inserire l’ADM all’interno del mondo delle certificazioni è nata dalla constatazione che l’Agenzia copre tutti gli uffici ed i laboratori chimici dell’intera Penisola. Come modello di lavoro, si è partiti dal piano di controllo del Genepì – che ha costituito il “piano di controllo numero zero” – messo in campo anche grazie all’ICQRF ed inviato al Ministero Agricoltura (ora MASAF). Partendo da questo piccolo, ma titanico progetto, oggi ADM è stata scelta quale organo di controllo anche per ben ventidue produttori di bevande spiritose. Da ultimo, con decreto MASAF del 22/03/2023 è stato istituito un organismo di certificazione ISO 17065 del Brandy Italiano, all’interno di ADM.
La seconda sessione, moderata dal prof. Oreste Calliano di UGIVI ed Accademia Agricoltura di Torino, ha introdotto il tema del Barolo Chinato DOP, altro vino aromatizzato, la cui origine appare, già dal nome inequivocabile.
Il Dott. Andrea Dani Sommelier e Relatore dell’ Associazione Italiana Sommelier, ha illustrato le caratteristiche organolettiche e sensoriali del Barolo Chinato DOP rivelando che il suo rilancio si deve all’abbinamento con il cioccolato.
Il Dott. Matteo Ascheri Presidente del Consorzio del Barolo, Barbaresco, Alba, Langhe e Dogliani ha ricordato come il Barolo Chinato costituisca un’anomalia amministrativa e come lo stesso possa essere considerato l’altra faccia della medaglia, rispetto al Vermouth. Il Barolo Chinato, infatti, è previsto dal disciplinare del Barolo: la base – contrariamente al Vermouth – è costituita da un vino DOCG. In sintesi: il Barolo Chinato ha come base un grande vino con erbe che non necessariamente sono tipiche del Piemonte; il Vermouth, invece, si fa con un vino base non caratterizzato, ma con erbe tipicamente piemontesi.
E ancora: il Barolo Chinato DOP viene prodotto da piccolissimi produttori, con ricette segrete e quantità veramente molto basse e non facilmente determinabili; presenta un aspetto ed un gusto quasi “medicinale” e difficilmente potrà incontrare i palati internazionali che preferiscono gusti più dolci. Il Vermouth di Torino IGP, al contrario, viene prodotto da grandi case, (maison… direbbero i francesi) e viene distribuito in tutto il mondo per incontrare i gusti più diversi.
Al termine della sessione, si è aperta la tavola rotonda, moderata dal Dott. Alberto Cugnetto – Accademia di Agricoltura ed UGIVI che, con grande competenza, ha formulato ai relatori domande tecniche sulle Botaniche del Vermouth di Torino, sceverando il tema sotto ogni aspetto, fino ad arrivare alla normativa applicabile. La Dott.ssa Maria Teresa Della Beffa, dell’Istituto Protezione Piante del CNR presso Orto Botanico dell’Università di Torino – Accademia di Agricoltura di Torino con la sua panoramica sulle specie botaniche presenti in Piemonte, ha posto l’attenzione su come l’ingrediente principale del Vermouth di Torino (l’artemisia torinese) sia coltivata solo in una esigua zona del Piemonte, chiedendosi e chiedendo, cosa accadrebbe se, per un evento meteorologico infausto, la produzione andasse perduta. Stesso discorso per la china calissaia, alla base del Barolo Chinato DOP; erba che, se non può dirsi in via di estinzione, è molto vicina all’essere ormai considerata una pianta rara.
Il Dott. Mauro Chiusano di Aromata Gruop, ha lanciato una provocazione o un’idea al Consorzio, suggerendo la costituzione di una commissione tecnica formata da esperti assaggiatori per scongiurare il rischio che un giorno si possa avere un Vermouth di Torino all’aroma di …limone!
Completa il panel l’Avv. Andrea Ferrari di UGIVI che, in maniera molto chiara ed esaustiva, ha illustrato quali siano le norme da tenere presenti in materia di botanica: dalla normativa sulla raccolta delle botaniche del 1931 – che istituiva la figura dell’erborista – a quelle sulla sicurezza alimentare, fino al Reg. UE 334/2008 sugli aromi e l’elenco di piante coltivabili di cui al D.M. 75/2018.
La sessione pomeridiana è presieduta dall’Avv. Stefano Dindo past President UGIVI il quale ha illustrato il quadro generale della normativa relativa all’etichettatura del Vermouth di Torino ed alla tutela della proprietà intellettuale dei vini aromatizzati, la cui ricetta costituisce un segreto da tutelare.
L’Avv. Ermenegildo Mario Appiano di UGIVI, ha esaminato gli aspetti normativi legati all’etichettatura, partendo dalla definizione di legge dei vini aromatizzati, delle bevande aromatizzate a base di vino e dei cocktail aromatizzati a base di prodotti vitivinicoli.
Il Dott. Stefano Sequino di Confcooperative ed UGIVI, è intervenuto per spiegare, in dettaglio, in che modo le nuove norme (Reg. 2117/2021) sull’etichettatura – che prevedono che l’etichetta dei vini debba recare anche l’elenco degli ingredienti ed i valori nutrizionali, anche in modalità off label (in vigore dall’8.12.2023) – incideranno sui vini aromatizzati. Questi ultimi, ai sensi del Reg. 251/2014 sono stati considerati in deroga. Il Reg. 2117/2021 ha modificato il Reg. 1308/2013 ed ha introdotto dei criteri, ripresi dal Reg. Del. 1606/2023 del 30.05.2023, per quanto concerne i vini non aromatizzati. Il Regolamento, però fornisce indicazioni sulla gestione delle scorte: tema che investe anche i vini aromatizzati. Il Reg. 2117/2021 afferma che tutti i vini prodotti ed etichettati prima dell’8 dicembre 2023 possono essere messi in commercio con le precedenti regole in materia di etichettatura: previsione abbastanza restrittiva in quanto fa riferimento soltanto ai prodotti già confezionati e non anche a quelli giacenti in cantina. L’8 dicembre è una data in cui vi sono ancora lavorazioni in atto della vendemmia appena conclusa ed in cui in cantina vi sono ancora vini sfusi. Per tale motivo i tre Paesi produttori Francia, Spagna e Italia, sono riusciti ad ottenere una rettifica del Reg. 2117/2021, in quella parte in si riferiva ai vini “etichettati”, modificata in vini “prodotti”, alla data dell’8 dicembre 2023. Questo è molto importante per la gestione delle scorte.
Per i vini aromatizzati – che pur esulando dal Reg. 1308/2013, trovano nel vino una materia prima -, al momento vi è solo uno schema di Regolamento Delegato della CE che, sebbene non ancora in vigore, può considerarsi definitivo. La questione è che si è, comunque, in presenza di un vino fermo (il vino base) che, come tale è assoggettato al Reg. 2117/2021 e deve, quindi, riportare l’elenco ingredienti e valori nutrizionali. Nei vini aromatizzati bisognerà inserire non solo il vino, come materia prima ma anche, tra parentesi, gli ingredienti e gli additivi utilizzati durante il processo di produzione che ha consentito che la materia prima “vino” diventasse vino aromatizzato, in una sorta di scatole cinesi: l’elenco degli ingredienti/additivi del processo di produzione, all’interno dell’elenco degli ingredienti del vino; oltre all’obbligo di indicare gli altri prodotti che potrebbero dare allergie od intolleranze, se usati nel processo produttivo del vino aromatizzato.
La maggiore criticità, al momento, riguarda – come detto – la gestione delle scorte, in quanto i vini fermi alla data dell’8 dicembre 2023 sono già stati ottenuti e classificati e possono essere etichettati e commercializzati seguendo le vecchie regole. Non è così, invece, per i vini spumanti, frizzanti ed aromatizzati, in quanto questi vengono elaborati dopo la data fatidica. Tutto ciò genera una discriminazione tra le categorie di prodotti differenti, in quanto, se il vino base è un prodotto in deroga che non deve osservare le regole del Reg. 2117/201, anche il prodotto finito dovrebbe godere dello stesso regime. Ricapitolando, se non si è obbligati ad avere queste informazioni per il vino base, non bisognerebbe essere obbligati ad averle anche per il vino spumante che viene elaborato. Altro tema caldo riguarda coloro che acquistano il vino da altri produttori ed in queste transazioni, richiedono ai propri fornitori l’elenco degli ingredienti, per un prodotto che viene considerato materia prima che serve all’ottenimento dei vini aromatizzati. Si è in attesa di chiarimenti da UE che – si spera – arriveranno a brevissimo.
Viene, quindi introdotto, il tema della tutela della proprietà intellettuale dei vini aromatizzati
L’ Avv. Stefano Vergano dello Studio Jacobacci ed UGIVI ha affrontato la problematica legata all’origine dei vini, specificando che, quando si parla di “origine”, si fa riferimento ad uno o più processi di produzione e, sul punto, la legislazione vigente risulta piuttosto vaga, perché la produzione è legata al singolo produttore. Emerge, ancora una volta, l’approccio antitetico di Barolo Chinato DOP e Vermouth di Torino IGP: nel primo, infatti, l’origine è dettata dalla provenienza del vino base. Nel secondo, invece, si parla di vino base, senza specificare la provenienza: in questo caso, il concetto di origine è legato alla tecnica di produzione ed il legame più forte è costituito dalle erbe aromatiche, in particolare all’Artemisia che deve provenire da una specifica area del Piemonte.
La Dott.ssa Maria Cristina Baldini di OICCE è intervenuta sulla tutela della proprietà intellettuale dei vini aromatizzati, sottolineando che il marchio serve a colmare una serie di lacune legislative, tenuto conto che DOP ed IGP sono riconosciuti soltanto sulla base di accordi bilaterali e ciò non accade in tutti i Paesi: in questi casi, quindi, la tutela si può perseguire tramite il marchio collettivo o il marchio di certificazione. Il primo può far capo ad un’associazione od un consorzio e serve a distinguersi dagli altri. Il secondo certifica la qualità e l’origine di un determinato prodotto.
L’Avv. Paolo Veronesi di Società Italiana Brevetti ed UGIVI ha affrontato il tema degli ingredienti “segreti” in quanto – come evidenziato – in pochi sanno come si produce il Vermouth di Torino. Come tutelare, quindi questo segreto?
Il tema del segreto è spinoso e sfuggente. Bisogna, innanzitutto definire cosa sia questo segreto. Anche dopo l’entrata in vigore dei nuovi obblighi di etichettatura (dall’8.12.2023), già illustrati, gli ingredienti possono rimanere segreti e non andranno inseriti nel QR Code che sarà presente in etichetta.
Si potrà, quindi, dire: aromi, aromi naturali, spezie, miscele di spezie. Ad esempio, l’art. 7 del disciplinare del Barolo parla solo di “china”, come ingrediente del Barolo Chinato. Il disciplinare del Vermouth di Torino, invece, ha una lunga lista di ingredienti, in premessa dice “tra cui”: con ciò è possibile utilizzarne anche altri che non compaiono nell’elenco. Ma cos’è il segreto, il know how, il savoir faire? Sicuramente tutto ciò che attiene al dosaggio, alla miscelazione degli ingredienti ed ai processi di lavorazione (esempio, estrazione o macerazione): è ipotizzabile pensare a brevettare questi processi, come invenzione industriale, ma brevettare costa più che mantenere un segreto. Ed il brevetto dura solo venti anni, trascorsi i quali diventa di pubblico dominio.
Se si pensa ad esempi famosi come la ricetta della Coca Cola o della Nutella, è evidente come sia preferibile il segreto al brevetto. E che forse è meglio tenere un segreto che pensare ad un brevetto.
L’Avv. Martin McNeese della McNeese Custom&Commerce ed UGIVI ed UGIVI ha affrontato con piglio pragmatico, gli aspetti dell’export dei vini aromatizzati negli USA. A livello federale vi sono tre Agenzie: la CBP (è la Dogana), la TTB (per alcol e bevande) e la FDA (per il cibo).
Una legge americana dice che l’esportatore deve assegnare “crediti” all’importatore americano, tramite una registrazione affatto facile da ottenere. Molto importanti sono gli Standards of Identity che “codificano” determinati prodotti. A ciò si aggiunga che ogni Stato ha diritto ad avere i propri Standards of Identity ed a regolamentare l’alcol in maniera individuale. Vi sono diversi modi per proteggere un brand, come è stato fatto, ad esempio proprio per il Vermouth di Torino. Bisogna prepararsi bene ed affidarsi ad importatori competenti, altrimenti i containers rimangono bloccati, con enormi costi da pagare. E spesso, vengono respinti e rimandati indietro.
Il Presidente UGIVI Avv. Diego Saluzzo, ha introdotto, quindi, l’ultima sessione della giornata relativa al contesto internazionale dei vini aromatizzati ed i possibili sviluppi sui mercati esteri. Dopo aver parlato della storia del Vermouth di Torino, del suo presente, si affronta adesso il tema del futuro del prodotto.
Presiede la sessione l’Avv. Filippo Moreschi Vicepresidente UGIVI, il quale presenta il panel dei relatori che svilupperanno il tema dei possibili scenari dei mercati dei vini aromatizzati, in un confronto tra mercati europei ed internazionali. Con focus finale sull’appeal che i vini aromatizzati possono avere sulle nuove generazioni.
Il Prof. Avv. Theodore Georgopoulos, professor in law alla Reims Law School, Direttore della Wine Spirits & Terroir Department, Direttore di Jus Vini, past President di AIDV, ha presentato un focus su Retsina, storico vino aromatizzato della Grecia. Il Prof. Georgopoulos ha fatto un excursus sulla storia di Retsina, che risale a circa 4.000 anni fa, quando si rivestivano le anfore vinarie di resina di pino per preservare meglio il vino.
Ha individuato, quindi, per la storia moderna una suddivisione in tre periodi: 1830-1960, in cui Retsina divenne un vino molto popolare e la resina di pino veniva utilizzata non solo per coprire eventuali ossidazioni, ma anche la bassa qualità del vino. Era diffuso nella regione dell’Attica ed intorno alla città di Atene. Il secondo periodo è compreso tra il 1960 ed il 2000, in cui Retsina cominciò ad essere imbottigliata e cominciò la produzione industrializzata, con l’esportazione di circa 20 milioni di bottiglie. L’accesso della Grecia nella EEC, nel 1979 diede a Retsina un particolare status legale: non era un vino, ma una particolare categoria di vino. Il Prof. ha precisato che, legalmente, Retsina non è un vino aromatizzato (ex art. 3 Reg. 251/2014), ma una specifica classe di vino, ottenuto addizionando, durante la fermentazione fino a 1 gr. di resina di pino per ettolitro di vino. Le regole sono stabilite dal Decreto Presidenziale 514/1979. Non è quindi una DOP/IGP, ma una designazione tradizionale. Esistono 15 IGP per Retsina prodotte in aree specifiche (es. Retsina dell’Attica). Una protezione ad hoc scaturisce direttamente dal Reg. 1308/2013 che lo definisce “Vino prodotto esclusivamente nell’area geografica della Grecia”. La domanda che sorge è, quindi, se Retsina gode delle clausole di protezione delle Indicazioni Geografiche (ad esempio, con riferimento al problema all’evocazione). Da ultimo, ha evidenziato che Retsina gode di protezione internazionale grazie ad accordi conclusi tra EU e paesi terzi. La protezione speciale in EU e USA deriva dall’accordo del 2005 secondo cui “Retsina is a class of wine and is not a semi-generic name:however, under the terms of the Agreement, it is treated the same as the semi-generic names. Its origin is Greece” (TTB: Industry Circular, N. 2006-1). Da ultimo, nel terzo periodo storico – che parte dal 2000 fino ai giorni nostri -, si vede un diverso approccio alla produzione di Retsina: produzioni più piccole, approccio territoriale, con nuove varietà di uva e moderne tecnologie di produzione.
L’Avv. Mattia Dalla Costa Vicepresidente LES Italia e LES International, è intervenuto sulla tutela dei prodotti vitivinicoli aromatizzati in Germania, tutela che risulta abbastanza limitata. La fonte più importante è il Trips, adottato nel 1994 nell’ambito degli accordi di Marrakech. Ha ricordato, inoltre, l’importanza della tutela del segreto commerciale. L’industria italiana, gli istituti di ricerca e le università dovrebbero fare un cambio di passo sulla tutela del segreto. Attualmente il mezzo per bloccare la fuga di segreti è l’inibitoria, ma, l’onere della prova in ordine alle misure adottate per mantenere i segreti industriali, fa capo al datore di lavoro. E’, quindi, importante dotarsi di protocolli aziendali per mantenere il segreto. Una prova esemplare è costituita dalle famose quattro chiavi della cassaforte della Martini, in cui erano contenute le ricette segrete.
Ha evidenziato che le bevande aromatizzate tedesche a base di vino IGP sono due: la prima è il Thuringer Gluhwein (vin brulè) della Turingia, particolarmente apprezzato, in cui almeno il 90% di vino deve essere di origine UE ed è caratterizzato dagli aromi di arancia e limone. Deve i suoi natali ad una collaborazione italo-tedesca. La seconda è il Nurnberger Gluhweine (vin brulè) di Norimberga, ottenuto da vino bianco, la cui rinomanza si deve all’usanza di offrirlo nel corso dei mercatini di Natale. Fa notare come in Germania l’Aperol Spritz, in tempi recenti, sia diventata la bevanda di riferimento e, alla luce di questo gradimento, ha auspicato la crescita del Vermouth, per cui, secondo alcuni studi e rilievi di mercato, è prevista, per il 2025, una crescita di fatturato di 90 milioni di euro. Molti dicono che il Vermouth sarà destinato a replicare il fenomeno Gin. Invita, quindi, il Consorzio a prendere in considerazione questi dati.
Il Prof. Stefano Massaglia dell’Università di Torino – Dipartimento Scienze Agrarie e Forestali, ha messo in luce i profili economici e strategici di sviluppo dei vini aromatizzati. Il Prof. Ha eseguito una ricerca di mercato, tramite il sito internazionale wine.searcher – che individua la presenza dei vini presenti sugli scaffali in tempo reale – ed il responso è stato veramente sorprendente: i mercati di riferimento sono stati gli USA, UE, UK, Hong Kong, Svizzera, Spagna, Germania, Italia e Grecia e la presenza del Vermouth di Torino fa registrare un +102%, mentre il Barolo Chinato un +65%. Ciò significa che il posizionamento del Vermouth ha avuto una maggiore diffusione, anche grazie all’incremento del numero dei produttori di Vermouth di Torino.
Quali strategie di sviluppo, quindi? Sicuramente valgono i richiami all’unicità alla narrazione storica, all’innovazione aromatica, alla sostenibilità, all’espansione verso nuovi mercati. Bisogna però capire se il Vermouth vuole restare un prodotto di nicchia oppure avere grande diffusione di mercato.
Da ultimo, è intervenuta l’Avv. Floriana Risuglia Vicepresidente UGIVI, la quale, ha ricordato che si deve proprio al Vermouth, l’invenzione dei quel momento che adesso conosciamo come l’ora dell’ aperitivo che una volta si chiamava “l’ora del Vermouth”.
Ha evidenziato il gap generazionale tra i consumatori di vino ed i consumatori di bevande aromatizzate. Scende, infatti il consumo di vino e sale quella di cocktail, anche nella modalità “ready to drink”. Recenti ricerche di mercato, hanno evidenziato come il consumo di vino abbia fatto registrare un -10% nell’ultimo anno, mentre è in crescita il consumo di cocktail ready to drink per una quota quasi identica: + 10%.
Ciò si deve, soprattutto al diverso approccio dei Millennials o della Generazione X rispetto ai Boomers. I primi ricercano, infatti momenti di socialità, informali, festosi, mentre i secondi sono più attratti dalla “storicità” di un vino, dai possibili abbinamenti vino/cibo, dai momenti più solenni in cui scegliere di bere una vino anche “impegnativo”.
Per citare le parole della Presidente AGIVI Marzia Varvaglione, è bene pensare che i giovani hanno un approccio pop alla galassia vino ed è proprio tramite i cocktail che si può immaginare che, domani possano arrivare ad apprezzare anche il vino. Focus, quindi, sul fenomeno Mixology che, soprattutto negli USA è sempre più trainante. Nel 2022 al Vinitaly, per seguire la tendenza, è stata aperta l’area cocktail che ha visto grande afflusso di pubblico.
La seconda tavola rotonda, egregiamente moderata dall’Avv. Marco Didier di UGIVI, ha visto la copiosa presenza dei produttori di Vermouth di Torino e Barolo Chinato che, nel mostrare apprezzamento per la proficua giornata di lavori, hanno espresso le loro opinioni che, si possono sintetizzare, in un brevissimo motto: Vermouth… vino e oltre!
In conclusione il Presidente UGIVI Avv. Diego Saluzzo, ha ringraziato calorosamente i presenti e tutti quanti hanno partecipato a distanza, grazie al collegamento streaming, ed ha evidenziato la necessità di far parlare gli attori che, con la loro esperienza di vita vera, possono dare insegnamenti di management, strategia, innovazione, portando avanti il valore della tradizione.
Il Vermouth di Torino è un prodotto diverso dal vino, ma proprio per questo può costituire un volano per rilanciare il vino stesso ed avviare le nuove generazioni ad un consumo consapevole di vino, in quella “cross fertilization” che è accrescimento culturale e scambio di esperienza.

Grinzane Cavour, 23 Settembre 2023

Avv. Floriana Risuglia